Italiani sempre meno amanti della cucina e delle tradizioni e sempre più consumatori frettolosi e cosmopoliti. La globalizzazione è un must anche a tavola, rivela l'ultima indagine di Just Eat, il colosso mondiale della consegna a domicilio, con 41mila ristoranti in 13 Paesi europei integrati nella piattaforma per l'home delivery, di cui 1.300 in Italia in 140 città (con una crescita di un centinaio di nuovi locali ogni mese, si supererà quota 2mila a fine anno).
Non solo il motto della multinazionale "don't cook, just eat" sta facendo proseliti a un ritmo vertiginoso anche nel nostro Paese - +300% di ordini nel 2013, durante la settimana quanto nei weekend – ma il fatto di poter mangiare a casa come al ristorante ordinando via pc o smartphone tutto ciò che si desidera, sta cambiando abitudini e passioni culinarie degli italiani.
Il gruppo nato in Danimarca nel 2001 e presente in Italia da un paio d'anni ha iniziato da Bologna una ricerca per mappare, quartiere per quartiere, che cosa prediligono i nuovi ghiotti. La sorpresa è che la cucina italiana - nota come la migliore al mondo - non è in cima alle preferenze: tortellini, pasta al ragù, pizza e la trattoria locale sono spiazzati da riso al curry, sushi e sandwiches . «Sono arrivato in Italia nel '93 e ricordo il disprezzo degli italiani per hamburger e patatine fritte al fast food - spiega il dg di Just Eat, Benvolio Panzarella, origini italiane ma passaporto americano - vent'anni dopo le abitudini e gli stili di vita del Belpaese sono molto cambiati. Bologna è la piazza ideale per testare i cambiamenti, perché è la città con la più alta densità di locali che fanno consegne a domicilio, uno ogni duemila abitanti. E il fatto che cucina cinese, indiana e americana, tra le venti presenti nella nostra offerta, siano al top delle ordinazioni online e quella italiana sia la prediletta solo in tre quartieri periferici su dieci è una cartina di tornasole importante».
Cambiano le città e cambiano i gusti. «A Napoli integriamo 60 ristoranti e la cucina indiana e cinese sono del tutto assenti, ad esempio – aggiunge il dg – mentre a Milano aggiungere un locale di sushi non è un valore aggiunto perché la città è letteralmente intasata di offerta di pesce crudo e alghe». C'è ancora spazio per gli States con fast food di qualità e per un "rinascimento asiatico" all'insegna delle tradizioni locali, anticipa Panzarella. Perché cibo a domicilio non è più sinonimo solo di pizza bensì di possibilità di scelta, per levarsi qualche sfizio in più, curiosare nelle tavole del mondo e passare una serata diversa tra le mura di casa anche in epoca di crisi. Un capriccio accessibile senza affrontare problemi di parcheggio, code e senza neppure pagare il coperto: tanto che a ordinare su tablet o mobile sono oggi più donne che uomini (51 contro 49%), in nove casi su dieci gli utenti hanno meno di 50 anni.
TRatto da:http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2014-02-10/il-pranzo-e-servito